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Citomegalovirus

È utile lo screening prenatale?

I criteri per valutare l'efficacia, l'appropriatezza e la fattibilità di un programma di screening possono essere così riassunti [1,2]:
- lo screening deve poter modificare la storia naturale della malattia in una proporzione significativa della popolazione screenata
- deve esistere un trattamento o un intervento di provata efficacia per i soggetti identificati dallo screening e deve essere provato che il trattamento precoce porta a esiti migliori rispetto al trattamento tardivo
- deve essere disponibile un test sicuro, affidabile, semplice, accettabile, validato
- i benefici del programma di screening devono essere superiori ai danni fisici e psicologici causati dal test, dalle procedure diagnostiche e dal trattamento
- il costo-opportunità del programma di screening (test, diagnosi, trattamento, addestramento e controllo di qualità) deve essere economicamente bilanciato rispetto alla spesa sanitaria globale

Le strategie di screening, in generale e anche per l'infezione congenita da Citomegalovirus (CMV), possono riguardare diversi aspetti della prevenzione:
- prevenzione primaria: ha lo scopo di ridurre l'incidenza dell'infezione
- prevenzione secondaria: ha lo scopo di diagnosticare/trattare l'infezione e diminuire le complicanze
- prevenzione terziaria: ha lo scopo di ridurre le conseguenze e le sequele dell'infezione, ma non ne riduce l'incidenza

a. prevenzione primaria

Consiste nella esecuzione della sierologia per il CMV all'inizio della gravidanza per identificare le donne sieronegative a cui raccomandare misure comportamentali profilattiche per evitare la sieroconversione [3-4]. Le pratiche igieniche riportate in letteratura sono:
- evitare l'attività professionale che comporta la cura dei bambini sotto i 3 anni
- lavare frequentemente le mani con acqua e sapone, in particolare dopo il cambio di pannolini o aver pulito secrezioni dal naso o dalla bocca dei bambini
- non baciare i bambini sotto i 5-6 anni vicino o sulla bocca
- non condividere con i bambini piccoli alimenti, bevande, posate, bicchieri, spazzolini da denti
L'efficacia di questa strategia in termini di riduzione di infezione congenita non è stata provata.
I dati sull'efficacia delle misure igieniche nel prevenire l'infezione da CMV in gravidanza sono promettenti, ma limitati [5,6]. Allo stato attuale, le donne andrebbero informate sulla maniera per minimizzare tale rischio, ma studi ulteriori sono necessari per identificare gli interventi educazionali efficaci [7,8].

b. prevenzione secondaria

1. SCREENING SOLO ECOGRAFICO
Si basa sul riscontro di anomalie all'esame ecografico a cui segue eventualmente la diagnosi di infezione fetale tramite PCR (polymerase chain reaction) su liquido amniotico. Esistono alcune perplessità:
- non sono disponibili dati sul numero di feti con sequele severe che presentano segni ecografici;
- la maggior parte dei feti infetti può apparire ecograficamente nella norma, gli eventuali segni possono essere specifici (es. ventricolomegalia, calcificazioni epatiche e cerebrali) o meno;
- la maggior parte delle complicanze può essere vista tardivamente, nell'ultimo trimestre, e ciò risulta poco efficace in paesi come l'Italia dove l'aborto - unica scelta da offrire vista l'assenza di trattamento - è possibile solo in epoca gestazionale più precoce [4,9].

2. TEST SIEROLOGICI DURANTE LA GRAVIDANZA
Similmente a ciò che succede per la Toxoplasmosi, lo screening mira a identificare le donne che presentano una sieroconversione in gravidanza, da avviare a una diagnosi prenatale tramite amniocentesi e ecografia [10].
Questo tipo di screening mira ad evitare la nascita di quei feti con severe sequele neurosensoriali (prevenzione secondaria) o l'identificazione e il trattamento precoce dei neonati con minime sequele (prevenzione terziaria). Comporta diverse conseguenze:
- alle donne in gravidanza con IgM e avidità IgG sospetta al primo test, o a quelle che presenteranno una conversione durante i controlli, verrà proposta la diagnosi prenatale tramite amniocentesi, con il rischio di 1% di perdite fetali legate alla tecnica
- alle donne con test PCR positivo (tra cui 8% di falsi positivi) potrà essere proposta la sorveglianza longitudinale o l'interruzione di gravidanza (se la donna rientra nei termini di legge per epoca gestazionale), vista l'incapacità di poter escludere o stimare la gravità delle possibili sequele e vista anche la possibilità di falsi negativi (10%) [11].
Una stima basata sui dati epidemiologici francesi ha calcolato su 750.000 gravidanze/anno, 6500 amniocentesi aggiuntive, 547 infezioni neonatali severe evitate contro 1273 perdite di feti sani (1208 per interruzione di gravidanza, 65 per amniocentesi) [4].

c. prevenzione terziaria

1. SCREENING INFETTIVO NEONATALE
Si basa sull'isolamento del virus sulle urine dei neonati o sulla ricerca del DNA virale sul sangue già prelevato alla nascita per la Guthrie card (screening delle malattie metaboliche ereditarie). Questi test vanno effettuati entro 3 settimane dalla nascita per permettere la distinzione dell'infezione congenita dalla più comune e benigna infezione perinatale [12].
Lo scopo dello screening è quello di identificare precocemente i neonati infetti asintomatici da indirizzare a una precoce valutazione audiologica, per avviarli tempestivamente alla riabilitazione e evitare i conseguenti disordini intellettivi e del linguaggio.
Sebbene la maggior parte dei bambini con infezione congenita non svilupperà un difetto uditivo, non è possibile prevedere quali tra questi lo faranno e quando lo faranno, vista la possibilità di insorgenza tardiva [10,13,14]. Inoltre, se le prove d'efficacia relative al trattamento farmacologico dei neonati con farmaci antivirali (ganciclovir) venissero confermate, lo screening potrebbe essere utile per instaurare un trattamento tempestivo e ridurre le sequele dell'infezione congenita [15].

2. SCREENING AUDIOLOGICO NEONATALE
La necessità di una identificazione precoce delle ipoacusie infantili, in previsione di una puntuale strategia di intervento, ha portato alla elaborazione di programmi di screening audiologico neonatale.
L'infezione congenita da CMV è responsabile di 30-40% dei difetti uditivi neurosensoriali del bambino, presente alla nascita o a sviluppo più tradivo, con possibile decorso fluttuante o progressivo [16-20].
Circa il 50% delle sordità infantili identificate non presenta nessuno dei 10 fattori di rischio audiologico segnalati dalla Joint Committee on Infant Hearing Screening Assessment, pertanto uno screening audiologico eseguito solo sui neonati cosiddetti "a rischio audiologico", comporterebbe la mancata identificazione di circa la metà delle sordità neonatali. E' perciò consigliato un programma di screening audiologico neonatale universale già attuato in alcuni paesi europei, Stati Uniti, Australia [16-18, 21-23].

Lo screening infettivologico neonatale da solo non potrà identificare tutti i bambini con difetti uditivi, allo stesso tempo lo screening audiologico universale da solo mancherà di identificare una quota consistente di bambini che svilupperà il difetto progressivamente e che quindi richiederà controlli longitudinali [24,25]. E' in discussione l'utilizzo combinato di queste due strategie di screening, ma manca una valutazione del rapporto costi/benefici.

In conclusione le evidenze disponibili non supportano lo screening prenatale di routine per il Citomegalovirus [10,26], considerando che al momento attuale:
- non esistono una profilassi o un vaccino per prevenire la trasmissione materno-fetale o una terapia per ridurre i danni fetali.
- non è stato ancora identificato un marker prognostico del periodo prenatale per prevedere se un feto con infezione congenita sarà sintomatico o meno, o se si svilupperanno sequele e di che tipo.
- la strategia si basa sulla eliminazione della disabilità mediante l'eliminazione dei feti affetti.
- occorre una valutazione degli effetti iatrogeni (es. l'ansietà indotta nei futuri genitori, l'aumento dei test diagnostici e quello delle tecniche invasive) e del rapporto beneficio/costo, anche e soprattutto in termini di perdite di feti sani.
- lo screening potrebbe permettere la precoce e miglior identificazione dei neonati a rischio di difetto uditivo, ma l'obiettivo è raggiungibile in modo più specifico con lo screening neonatale.

Lo sviluppo di interventi efficaci, terapie sicure o nuovi test diagnostici potranno cambiare lo scenario e rivalutare l'utilità dello screening prenatale.

Bibliografia

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