L'epatite virale C è stata identificata nel 1989 e da allora ha assunto dimensioni tali da essere oggi considerata un rilevante problema di salute pubblica.
L'infezione da HCV colpisce, secondo alcune stime, il 3% della popolazione mondiale e l'1% della popolazione italiana.
L'infezione è associata ad alti tassi di morbosità e mortalità: nell' 85% dei casi evolve in epatite cronica ed è una delle cause principali di cirrosi epatica e carcinoma epatocellulare.
Negli studi osservazionali italiani la sieroprevalenza per HCV in gravidanza varia da 0.4% a 2.4%.
E' disponibile il test di screening, basato sulla ricerca degli anticorpi anti-HCV.
Una terapia con alfa-interferone di 48 settimane ottiene un miglioramento virologico, biochimico e istologico, a sei mesi dalla fine del trattamento, nel 15-20% dei malati con infezione cronica da HCV. L'associazione con ribavirina raddoppia (dal 20% al 40%) il numero delle risposte prolungate tra i malati al primo trattamento. La ribavirina non è attiva in monoterapia contro HCV ed è teratogena.
La teratogenicità della ribavirina si manifesta anche attraverso modificazioni spermatiche; sia le donne che gli uomini trattati in età fertile devono utilizzare metodi contraccettivi per parecchi mesi dopo la sospensione del trattamento.
Non sono attualmente disponibili strategie comportamentali o terapeutiche in grado di ridurre la trasmissione verticale (dalla madre al feto) di HCV.
E' stato osservato che la sieroprevalenza è nettamente aumentata in sottogruppi di popolazione definibili secondo specifiche categorie di rischio (I comportamenti a rischio)
La ricerca degli anticorpi anti-HCV non è raccomandata come test di screening prenatale, ma deve essere proposta in epoca preconcezionale e prenatale a coloro che rientrano nelle categorie a rischio.
Il test deve essere preceduto da una corretta informazione della paziente e dal suo consenso informato.