Studio osservazionale (coorte prospettica) per valutare se esiste una associazione fra l'assunzione materna durante la gravidanza di caffeina e la ridotta crescita fetale.
Dopo aver aggiustato per età materna, peso, altezza, etnia, parità, età gestazionale, sesso del feto, fumo e assunzione di alcol materni, l'associazione fra assunzione elevata di caffeina (>300 mg/die rispetto al valore di riferimento che è <100 mg/die) durante la gravidanza e rischio di scarsa crescita fetale risulta statisticamente significativa (OR: 1.4; IC 95%: da 1.0 a 2.0). Questo corrisponde ad una riduzione del peso alla nascita di 63 grammi (da -119 a -6 grammi). Il rischio si annulla nella donne che sono metabolizzatrici lente di caffeina (emivita della caffeina più lunga), mentre si accentua nelle metabolizzatrici rapide (emivita della caffeina più breve). L'aumento di rischio si registra anche per assunzioni di caffeina comprese fra 100 e 300 mg/die.
In questa popolazione il 62% della caffeina proveniva da tè, 14% da caffè, 12% da bevande a base di cola, 8% da cioccolato.
Lo studio dimostra una associazione statisticamente significativa fra assunzione di caffeina e ridotta crescita fetale, limitatamente alle donne metabolizzatrici rapide di caffeina. Una volta accertata la gravidanza, nelle donne che assumono più di 200 mg di caffeina (una tazzina di caffè contiene fra 80 e 110 mg di caffeina, una tazza di tè circa 50 mg) può essere precauzionalmente utile consigliare di ridurne il consumo.
Tabella: associazione fra esposizione alla caffeina durante la gravidanza e ridotta crescita fetale.
Assunzione di caffeina durante gravidanza (mg/die) |
OR aggiustato (IC 95%) * |
Differenza peso alla nascita aggiustata (g)** |
---|---|---|
<100 |
1 |
0 |
100-199 |
1.2 (da 0.9 a 1.6) |
-21 (da -62 a 20) |
200-299 |
1.5 (da 1.1 a 2.1) |
-70 (da -123 a -18) |
>300 |
1.4 (da 1.0 a 2.0) |
-63 (da -119 a -6) |
*test for trend p=0.02 **test for trend p=0.004
I testi della scheda di presentazione dello studio sono a cura di Anna Erenbourg e Monica Piccoli
Gli studi osservazionali pubblicati fino ad ora sui rischi correlati all'assunzione di caffeina in gravidanza hanno prodotto risultati discordanti. Questa incertezza viene attribuita, almeno in parte, a una inesatta valutazione dell'esposizione: i ricercatori non usano lo stesso metodo per identificare tutte le possibili fonti di caffeina, non sempre ne prendono in considerazione il metabolismo e spesso misurano l'esposizione solo in un periodo ristretto della gravidanza [1]. Una revisione sistematica sull'efficacia della riduzione dell'assunzione di caffeina in gravidanza, attualmente in corso [2], potrà fornire ulteriori informazioni su questo argomento.
Referenze
1. Baronciani D. I fattori di rischio (capitolo 12). In: Baronciani D, et al. La natimortalità: audit clinico e miglioramento della pratica assistenziale. Roma: Il Pensiero Scientifico Editore; 2008. pag 299-301.
2. Jahanfar S, et al. Modifications of maternal caffeine intake for improving pregnancy outcome (Protocol). Cochrane Database of Systematic Reviews 2008, Issue 1. Art. No.: CD006965. [Riassunto]
La forza di questo studio sta nel metodo di rilevazione dell'esposizione alla caffeina, che comprende le diverse fonti, considera il periodo di esposizione da 4 settimane prima del concepimento alla fine della gravidanza e esamina il metabolismo della caffeina. L'assunzione elevata di caffeina (media tre tazzine di caffè al giorno) si associa ad una riduzione di peso del neonato di circa 60 grammi. Il rischio si osserva solo nel sottogruppo delle donne metabolizzatrici rapide, non si azzera nemmeno per quantità di caffeina minime e permane durante tutta la gravidanza.
Validità interna
Disegno dello studio: si tratta di uno studio di coorte, prospettico. Non è possibile escludere un bias di selezione delle donne arruolate (solo 20% delle donne arruolabili aderisce). L'esposizione, auto-riferita, viene valutata con uno strumento validato e dettagliato. Si controlla per i confondenti noti (fumo e alcol). L'associazione è statisticamente significativa, ma clinicamente poco rilevante.
Esiti: gli esiti sono rilevanti e la loro misurazione oggettiva, e apparentemente priva di bias. Non risulta chiaro perché l'associazione fra caffeina e ridotto accrescimento fetale sia presente solo nel sottogruppo delle metabolizzatrici rapide.
Trasferibilità
Popolazione studiata: le caratteristiche della popolazione studiata sono simili a quelle della popolazione italiana: 73% non fumatrici, 13% dei neonati con ridotta crescita fetale. Le fonti di caffeina in Italia sono probabilmente diverse da quelle riportate nello studio, provenendo più da caffè che da té.
Tipo di intervento: prima e durante la gravidanza è possibile trasferire alle donne in età fertile l'informazione che un consumo eccessivo di cibi e bevande contenenti caffeina può ridurre la crescita del feto. L'opportunità di farlo andrebbe valutata: la riduzione di 60 gr del peso alla nascita non appare clinicamente rilevante nei neonati di donne con gravidanza non a rischio, ma potrebbe avere un diverso significato nelle donne con esiti avversi nella gravidanza precedente (basso peso alla nascita, aborto spontaneo o nato morto), con patologie di base che possono concorrere a una riduzione di peso del neonato o esposte a altri fattori associati alla scarsa crescita fetale, come fumo e alcool. É necessario esplicitare tutte le fonti di caffeina non comunemente considerate come tali, come le bevande gassate e la cioccolata, oltre ai più facilmente individuabili té e caffè.