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Tipologie

A fronte della articolata variabilità e multiformità delle forme di mutilazione/modificazione dei genitali femminili diffuse in diverse parti del mondo, le agenzie internazionali hanno tentato di costruire delle tipologie ritenute funzionali ad individuare i target a rischio sanitario.

La più nota è la classificazione standardizzata , messa a punto a Ginevra da un gruppo tecnico congiunto OMS/WHO nel 1995  e successivamente aggiornata, secondo la quale il tipo più comune è l'escissione della clitoride e delle labbra (circa l'80% dei casi), mentre la forma più estrema, l'infibulazione, è meno diffusa (circa il 15% dei casi).

L'OMS ha individuato 4 principali tipologie di MGF/E che negli anni hanno subito progressive revisioni e riadattamenti. La versione aggiornata nel 2023 assume particolare rilevanza poiché per la prima volta si parla in maniera più oggettiva della rimozione della sola parte visibile del clitoride e non dell'intero organo (che resta presente nella sua estensione interna, anche dopo l'intervento di MGF/E). Le tipologie sono in dettaglio così descritte:

 
Consulta l'aggiornamento della classificazione OMS/WHO
 

E' da sottolineare come all'interno del Tipo 4, che racchiude la multiformità di pratiche anche molto diverse fra loro, l'OMS raggruppi solo le forme più dannose e mutilanti di modificazione; è importante tuttavia considerare che le forme di alterazione non funzionale, ma anche non mutilante o dolorosa, sono numerosissime e inscrivono le modificazioni dei genitali all'interno del vasto insieme delle modificazioni culturali dei corpi connesse ai campi dell'esistenza sociale, come il matrimonio, la procreazione, la relazione fra generi.

L'antropologa Michela Fusaschi ha studiato una pratica di modificazione genitale femminile diffusa in Rwanda e Burundi chiamata gukuna, un'operazione di manipolazione e modificazione dei genitali femminili a carattere definitivo non terapeutico mirata a espandere la zona clitorido-labiale. Tecnicamente è un massaggio esercitato tra ragazze che si suppone sia utile a "fare acqua", cioè ad ampliare la capacità lubrificatoria della vagina, quindi a prepararla per il rapporto sessuale e per il parto. Da un punto di vista antropologico, essa è una pratica mirata al modellamento culturale del corpo, alla costruzione sociale della identità corporea e di genere, comprensibile nei suoi significati solo all'interno della simbologia e cosmogonia rwuandese dei flussi e dei fluidi della terra; acqua, latte, miele.

Michela Fusaschi. Quando il corpo è delle altre. Bollati Boringhieri, 2011



Approfondimenti

 

Ultimo aggiornamento: ottobre 2023

 
 
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