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Contraccezione e disabilità

 

In breve
Esiste ampio consenso nella letteratura medica sul persistere di diseguaglianze nell'accesso alle cure da parte delle donne affette da disabilità psichica o fisica; le disuguaglianze includono la sfera riproduttiva e la possibilità di evitare gravidanze indesiderate con una contraccezione efficace.


 

Il tema della contraccezione nella popolazione con disabilità (sensoriale, fisica, cognitiva) è raramente affrontato: dai medici, che potrebbero essere portati a non considerare la vita sessuale di una persona con disabilità [1], ma anche dai ricercatori e nelle linee guida. Le uniche raccomandazioni che abbiamo identificato su questo tema sono state pubblicate nel 2005 dal NICE per il RCOG e poi aggiornate nel 2014 [2] e sono poco più che un paragrafo all'interno delle linee guida sui long-acting reversible contraception, quei contraccettivi, cioè, somministrati a intervalli superiori al mese o al ciclo mestruale (spirali al rame, spirali contenenti progestinici, contraccettivi iniettivi al progesterone, impianti sottocutanei al progesterone). Le raccomandazioni sono:

  • I professionisti dovrebbero essere a conoscenza delle leggi relative alla consulenza contraccettiva per le persone con disabilità cognitiva
  • I professionisti dovrebbero sostenere le donne con disabilità fisica o cognitiva affinché facciano le proprie scelte relative alla contraccezione in autonomia
  • La contraccezione deve essere intesa nell'interesse dell'individuo e non finalizzata a contenere le preoccupazioni dei familiari o di chi assiste la persona con disabilità
  • Se una donna con una disabilità cognitiva non fosse in grado di decidere autonomamente la sua modalità di contraccezione i familiari e chi si prende cura della donna dovrebbero incontrarsi per discutere insieme le necessità contraccettive della donna e definire un piano [2].


Negli USA, la National Survey of Family Growth (Indagine nazionale sulla crescita delle famiglie a cura del CDC National Center for Health Statistics in collaborazione con altre agenzie), tra il 2011 e il 2013 ha identificato una coorte di 545 donne in età fertile con disabilità fisica o sensoriale [3]. Quelle a rischio di gravidanza indesiderata sono state categorizzate in base alle caratteristiche del tipo di contraccettivo adottato: reversibile a efficacia elevata (impianto, spirale o IUD-intrauterine device), efficacia intermedia (pillola, cerotto, anello, iniezione periodica), efficacia bassa (condom, diaframma, coito interrotto, metodi naturali), nessun contraccettivo.
Pur con alcune limitazioni relative alle modalità di raccolta delle informazioni (intervista telefonica), l'analisi condotta ha evidenziato che le donne disabili hanno una probabilità inferiore del 40% rispetto a donne non disabili di utilizzare un sistema contraccettivo sicuro ed efficace. 
Inoltre le donne con disabilità, rispetto al gruppo di controllo, hanno maggiore probabilità di essere fumatrici, avere un body mass index - BMI - superiore a 30, avere malattie concomitanti, condizioni cioè che dovrebbero indirizzare la scelta verso contraccettivi diversi dagli estroprogestinici, che al contrario risultano essere i più utilizzati [3].

Nel 2018 la rivista Contraception ha pubblicato uno studio osservazionale [4] che analizza, utilizzando i dati della citata Survey USA condotta tra il 2011 e il 2015, le abitudini contraccettive delle donne portatrici di disabilità nella fascia di età 15-44 anni, intervistate a domicilio, e le confronta con quelle di un gruppo di controllo di donne non affette da disabilità con analoghe caratteristiche. Nel gruppo delle 7505 donne con disabilità sessualmente attive identificate, l'analisi multivariata dei dati ha rilevato una differenza statisticamente significativa, rispetto al gruppo di controllo, per le categorie:

  • maggiore probabilità di essere sottoposte a sterilizzazione tubarica (donne con disabilità cognitive odds ratio aggiustata - aOR: 1.54; intervallo di confidenza al 95% - IC95%: 1.12, 2.12; donne con disabilità fisiche aOR: 1.59; IC95%: 1.08, 2.35)
  • minore probabilità d'uso di contraccezione ormonale orale (donne con disabilità cognitive aOR: 0.57; IC95%: 0.40, 0.82)
  • maggiore probabilità di mancato utilizzo di contraccezione (donne con disabilità cognitive aOR: 1.90; IC95%: 1.36, 2.66).

Lo studio conclude che è possibile che le donne con disabilità debbano confrontarsi con atteggiamenti discriminatori nei confronti della propria vita sessuale e delle proprie scelte in relazione a gravidanza, parto e genitorialità. Le donne con disabilità possono avere pari desiderio di fertilità ma meno opportunità di concretizzare il desiderio di gravidanza per l'aumentato rischio di complicanze fisiche ed emozionali durante la gravidanza e il parto, per l'impegno fisico e finanziario ma anche per il timore di perdere la custodia dei figli: tutte ragioni che rendono particolarmente rilevante il tema della contraccezione in questo gruppo di persone.

È ancora più importante, in questo gruppo di donne, valutare la presenza di caratteristiche come sovrappeso, abitudine al fumo, multimorbosità, difficoltà di concentrazione/memoria, difficoltà economiche e altro, che, se presenti, suggerirebbero di indirizzare il counselling contraccettivo verso sistemi a elevata affidabilità/lunga durata d'azione, reversibili (spirale, impianto, iniezione periodica) piuttosto che verso i contraccettivi orali estroprogestinici, anche in relazione all'aumentato rischio tromboembolico aggravato dalla ipomobilità.  


Infine, una revisione narrativa ha approfondito il tema della contraccezione e disabilità nei giovani adolescenti [5], confermando la paucità di ricerca in questo campo. Gli autori della revisione, anche sulla base della loro esperienza clinica, sottolineano che:

  • nelle adolescenti con disabilità può essere particolarmente rilevante la stabilizzazione del ciclo mestruale, sia perché alcune condizioni fisiche si associano a maggior rischio di sanguinamento eccessivo sia perché alcune condizioni patologiche (come le convulsioni) possono essere influenzate dalle fasi del ciclo mestruale;
  • la facilità d'uso dell'impianto al progesterone va bilanciata da una valutazione dell'eventuale effetto osteopenizzante, vista l'età della popolazione interessata. La revisione della letteratura sui rischi associati ai progestinici conclude, però, per una sostanziale assenza di prove su questo tema;
  • la frequenza di abuso sessuale è maggiore nelle adolescenti con disabilità, sia fisica che mentale.

Nella gestione della contraccezione in giovani adolescenti con disabilità è raccomandato il lavoro in equipe multidisciplinare [5].

 

Bibliografia

1. Hart C. Women's Voices: In praise of doctors who really listen: disability, bleeding, sex and contraception. 16 maggio 2018. [Testo integrale]
2. National Institute for Health and Care Excellence-NICE. Long-acting reversible contraception. Guidance cg 30. Londra ottobre 2005. [Testo integrale] 
3. Wu J, et al. Use of Reversible Contraceptive Methods Among U.S. Women with Physical or Sensory Disabilities. Perspect Sex Reprod Health 2017;49:141-7. [Medline]
4. Mosher W, et al. Contraceptive use by disability status: new national estimates from the National Survey of Family Growth. Contraception 2018;97:552-8. [Medline]
5. Dickson J, et al. Contraception for adolescents with disabilities: taking control of periods, cycles and conditions. BMJ Sex Reprod Health 2018;44:7-13. [Medline]

 
 
 
  1. SaperiDoc
Direzione generale cura della persona, salute e welfare
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