Testata per la stampa

Screening per la sindrome di Down

NIPT - test prenatale non invasivo

 

Il NIPT (Non Invasive Prenatal Test - Test prenatale non invasivo) è un test eseguibile a partire da 10+6 settimane gestazionali che rileva anomalie cromosomiche (aneuploidie) nel DNA fetale libero presente nel plasma materno. Il DNA fetale, di origine placentare, si rileva nel plasma materno non prima di 10+0 settimane di gravidanza, aumenta progressivamente nel corso della gravidanza, e poi sparisce rapidamente dal circolo materno dopo la nascita; non c'è quindi alcun rischio che il DNA fetale identificato nel corso di una gravidanza sia del feto di una precedente gravidanza [1,2].

La tipizzazione del DNA fetale si può utilizzare per determinare il sesso del feto, per tipizzare RhD fetale in madri RhD negative [3] e per definire il gruppo sanguigno fetale, infine per quantificare i frammenti di DNA derivanti da specifici cromosomi e rilevare trisomie (materiale derivante dal cromosoma o da sue parti in eccesso). Inoltre, alcune tipologie di NIPT possono rilevare anche microdelezioni il cui significato è però incerto. Le microdelezioni sono più rare delle aneuploidie cromosomiche e hanno una espressione fenotipica estremamente variabile. Per questo la validazione di NIPT su singole microdelezioni è carente e non ci sono raccomandazioni univoche a riguardo [4]: la rarità di queste condizioni determina che il valore predittivo positivo (VPP) di NIPT sia basso, potenzialmente inducendo un aumentato ricorso alla diagnostica invasiva e annullando quindi uno dei benefici cruciali di NIPT.

Le indicazioni più comuni per l'uso del NIPT sono la valutazione del rischio di un feto con trisomia 21 (sindrome di Down), trisomia 13 (sindrome di Patau) e trisomia 18 (sindrome di Edwards). Le conoscenze su questo test stanno evolvendo rapidamente, così le raccomandazioni delle agenzie di salute e società scientifiche devono essere periodicamente aggiornate.

Una revisione canadese sul rapporto costo-efficacia della NIPT condotta nel 2014 riporta un detection rate per la trisomia 21 del 98% con un tasso di falsi positivi pari a 0.2%. A un costo per gli USA stimato all'epoca pari a 800-2000 US$, l'implementazione del NIPT in tutte le gravidanze era giudicato non fattibile per gli eccessivi costi [5].

Sempre nel 2014 una revisione condotta in Australia sottolinea che a fronte degli evidenti vantaggi di NIPT (sensibilità e specificità molto elevate) bisogna considerare la quota (pari a 2-5%) di test non informativi per carenza di DNA fetale nel campione prelevato e il basso VPP (pari a 50% in questi casi) quando il test venga applicato a una popolazione a basso rischio. Sulla base di queste considerazioni il protocollo da loro suggerito per lo screening della sindrome di Down è un modello contingente in cui il NIPT viene riservato alle donne a medio rischio (definite come donne in cui il test combinato identifichi un rischio compreso fra 1/50 e 1/1000). Il gruppo australiano stima che utilizzando questa strategia il detection rate per la sindrome di Down arrivi a 97% (circa 12% delle donne eseguirebbe il NIPT e 1.4% un test invasivo) [1].

Le indicazioni prodotte dalla società svedese di ostetricia e ginecologia (SFOG) propongono la stessa strategia degli australiani [6].

Nel 2017 il collegio australiano dei medici internisti considera due diverse strategie per introdurre il NIPT [4]:

 

Questo secondo modello ha il più elevato detection rate per la sindrome di Down, ma con costi maggiori e minore possibilità, rispetto al modello contingente, di rilevare anomalie cromosomiche atipiche più rare.

Una ricerca sistematica della letteratura condotta dall'agenzia di HTA dell'Ontario sull'opinione di professionisti, donne gravide e cittadini con esperienze significative rispetto a NIPT relativamente a questo nuovo test ha identificato 36 studi qualitativi e ha prodotto una sintesi dei risultati [7]. In Ontario il NIPT è offerto gratuitamente a donne ad alto rischio (come quelle di età superiore a 40 anni o con precedenti gravidanze di feti con anomalie cromosomiche). Lo studio rileva che la maggior parte della popolazione ritiene che NIPT offra alle donne e ai loro partner informazioni rilevanti e che l'ampliamento dell'offerta sarebbe positivo, dal momento che il test fornisce indicazioni affidabili in fasi precoci della gravidanza senza alcun rischio per il feto. D'altro canto, incrementare l'accesso potrebbe rendere il test una routine e questo, nonostante l'apparente beneficio, viene giudicato non auspicabile. Si profilerebbero, infatti, dei rischi per le donne gravide, per le loro famiglie, per il sistema sanitario, per le persone che vivono con una disabilità e per la società nel suo complesso: i problemi temuti sono legati alla complessità di un processo decisionale basato su informazioni adeguate, alle possibili disuguaglianze di accesso, alla pressione sociale per eseguire il test e al possibile ridotto supporto alle persone con disabilità.

Gli autori notano che queste sembrano essere le comuni reazioni all'introduzione di nuovi test prenatali, già registrate in passato [7,8]. Una survey condotta in Inghilterra nel 1994, all'indomani dell'introduzione dei test di screening sierologici, rilevava che su 353 donne in gravidanza a cui era stato somministrato un questionario subito dopo la consulenza prenatale, solamente 36% rispose correttamente "un risultato negativo del test non garantisce che tutto vada bene per il bambino" e solo 32% rispose che "la maggior parte delle donne con test positivo ha un bambino normale" [8]. Gli autori delle survey commentavano che ogni screening per anomalie congenite deve includere come primo passo una corretta informazione alla donna per renderle possibile una scelta, compresa quella di non eseguire nessun test; inoltre, sebbene gli aspetti pratici dei test di screening siano ben compresi, nella maggior parte delle donne manca la consapevolezza delle possibilità e implicazioni legate al risultato; infine, è necessario non sottovalutare gli effetti psicologici negativi sulla coppia indotti da un test di screening positivo [8].

 

Bibliografia

1. Hyett J. Non-invasive prenatal testing for Down syndrome. Aust Prescr 2014;37:51-5 [Testo integrale]
2. Royal College of Obstetricians and Gynaecologists. Non-invasive Prenatal Testing for Chromosomal Abnormality using Maternal Plasma DNA. Scientific Impact Paper No. 15 March 2014 [Testo integrale]
3. Yang et al. High-throughput, non-invasive prenatal testing for fetal rhesus D status in RhDnegative women: a systematic review and meta-analysis BMC Medicine 2019;17:37 [Testo integrale]
4. Harraway J. Non-invasive prenatal testing. Australian Family Physician 2017;46:735-9 [Testo integrale]
5. Canadian Agency for Drugs and Technologies in Health. Non-invasive Prenatal Testing: a review of the cost effectiveness and guidelines [Internet]. Ottawa (ON): 2014 Feb 10 [Testo integrale]
6. Swedish Society of Obstetrics and Gynaecology. Analysis of foetal DNA in the woman's blood: non-invasive prenatal testing (NIPT) for trisomy 13, 18 and 21. SFOG Guidelines 2016 [Testo integrale]
7. Vanstone M et al. Perspectives of pregnant people and clinicians on noninvasive prenatal testing: a systematic review and qualitative meta-synthesis. Ont Health Technol Assess Ser 2019;19:1-38 [Testo integrale]
8. Smith DK et al. Informed consent to undergo serum screening for Down's syndrome: the gap between policy and practice. BMJ 1994;309:776 [Testo integrale]

 
 
 
Chiudi la versione stampabile della pagina e ritorna al sito