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Induzione del travaglio di parto

Lo studio ARRIVE

 

L'induzione del travaglio è una delle procedure ostetriche più frequenti: si stima infatti che una donna gravida su quattro, sia negli USA che in Canada, sia sottoposta a induzione. In Emilia-Romagna nel 2019 il tasso di induzione è stato pari al 31.6% [1]. L'induzione è indicata nelle gravidanze in cui sia riconosciuto un fattore di rischio per esiti materni e/o neonatali avversi in caso di proseguimento della stessa.

Alcuni lavori hanno dimostrato una minore mortalità e morbosità perinatali quando il parto occorra tra 39+0 settimane e 40+6 settimane [2-4].

Ciò ha portato a proporre l'induzione del travaglio in assenza di indicazione medica anche in una popolazione ostetrica a basso rischio. La preoccupazione che questa pratica porti a un incremento di taglio cesareo (TC) per fallita induzione soprattutto nelle nullipare non trova unanime sostegno in letteratura [5-10].

L'Eunice Shriver National Institute of Child Health and Human Development Maternal-Fetal Medicine Units Network ha proposto il trial controllato randomizzato (RCT) ARRIVE (A Randomized Trial of Induction Versus Expectant Management) [11] per testare l'ipotesi che l'induzione elettiva a 39 settimane porti a un minor rischio dell'esito composito morte perinatale o complicanze neonatali gravi, rispetto all'attesa in donna nullipare a basso rischio (assenza di indicazioni materne o fetali all'induzione prima di 40+5 settimane, quali disordini ipertensivi della gravidanza o restrizione della crescita fetali). L'esito secondario principale era la frequenza di TC.

Sono state randomizzate più di 6.000 donna (gruppo induzione 3.629, gruppo di attesa 3.044) tra 38+0 e 38+6 settimane per induzione tra 39+0 e 39+4 settimane o attesa non oltre le 42+2 settimane. L'esito primario si è verificato nel 4.3% dei neonati del gruppo induzione e nel 5.4% del gruppo attesa (rischio relativo-RR: 0.80; intervallo di confidenza al 95%-IC 95%: 0.64, 1.00), dato non statisticamente significativo. La frequenza di TC è stata significativamente più bassa nel gruppo induzione (18.6% vs 22.2%; RR: 0.84; IC95%: 0.76, 0.93).

Le conclusioni apparentemente positive di questo studio sono da considerare con cautela per diversi motivi. Più del 50% delle donne arruolate in entrambi i gruppi presentava un indice di massa corporea (BMI) ≥30, contrariamente a quanto previsto nei criteri di inclusione (donne a basso rischio); inoltre, un disordine ipertensivo della gravidanza si è manifestato con frequenza elevata e diversa nei due gruppi (9% delle donne nel gruppo induzione e 14% nel gruppo di attesa). La frequenza di donne obese può spiegare l'inattesa frequenza di disordini ipertensivi, così come l'eccesso di esiti neonatali avversi e di TC nel gruppo attesa, complicanza già descritta in letteratura [12]. La prevalenza di disordini ipertensivi nella popolazione europea è inferiore rispetto a quella riportata nello studio ed è pari a 5.2% [13]. Inoltre, le partecipanti allo studio non sono rappresentative neanche della popolazione statunitense che ha partorito nel 2016 in termini di età e gruppo etnico [14]: l'età media delle donne dello studio era di 23.5 anni, quella nazionale era pari a 28.7; anche la percentuale delle donne di età > 35 anni (4.1%) era di molto inferiore a quella della popolazione generale (17.1%). La giovane età delle pazienti arruolate può in parte spiegare l'elevato successo dell'induzione, come rilevato in studi che hanno trovato un'associazione negativa tra età materna > 35 anni e successo dell'induzione [15-16]. Le percentuali di successo del trial ARRIVE potrebbero non trovare riscontro in Emilia-Romagna, dove l'età media delle pazienti al parto è di 32 anni con una percentuale di donne con > 35 anni di 34.6% [1]. Le donne afroamericane o ispaniche, gruppi in cui si osservano maggiormente esiti ostetrici o perinatali sfavorevoli, sono più rappresentate nello studio ARRIVE rispetto alla popolazione generale che ha partorito nel 2016 negli USA. Infine, circa 50% delle donne incluse nello studio non aveva assicurazione sanitaria, ed era disoccupata.

La selezione delle donne (obesità, appartenenza a minoranze, basso livello economico) può in parte spiegare l'elevato tasso di esiti neonatali avversi nel gruppo di attesa, superiore a quello ipotizzato dagli autori [11] al momento della stesura dello studio (3.5%).

Un recente lavoro italiano [17] ha confrontato il tasso di TC dello studio ARRIVE con il tasso rilevato mediante CedAP in Emilia-Romagna: in una popolazione di donne selezionata su criteri simili a quelli del trial ARRIVE il tasso di TC in Emilia-Romagna risulta essere marcatamente inferiore a quello registrato in entrambi i gruppi del trial statunitense. È quindi verosimile che aspetti diversi dall'induzione possano influire sul tasso di TC.

Da un punto di vista organizzativo, infine, le donne indotte nello studio ARRIVE rimangono in sala travaglio/ parto per periodi di tempo più lunghi rispetto alle donne in travaglio spontaneo (20 ore versus 14 ore), questo porterebbe a una diversa organizzazione dei reparti, del personale e dell'assistenza qualora l'induzione "elettiva" a 39 settimane diventasse pratica clinica corrente.

In conclusione, lo studio ARRIVE presenta importanti bias di selezione della popolazione e benefici limitati: se l'intervento fosse trasposto nella nostra realtà regionale sarebbe a rischio di generare un eccesso di medicalizzazione dell'evento nascita con i rischi connessi in assenza di solide evidenze di beneficio.

 

Bibliografia

1. Perrone E et al. La nascita in Emilia-Romagna. 17° Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) - Anno 2019.  Bologna: Regione Emilia-Romagna, 2020 [Testo integrale]
2. Rosenstein MG, et al. Risk of stillbirth and infant death stratified by gestational age. Obstet Gynecol 2012;120:76-82 [Medline] 
3. Hilder L, et al. Prolonged pregnancy: evaluating gestation-specific risks of fetal and infant mortality. British journal of obstetrics and gynaecology. 1998; 105:169-73. [Medline]
4. Martin JA, et al. Births: final data for 2009. Natl Vital Stat Rep 2011; 60:1-70 [Medline]
5. Mishanina E, et al. Use of labour induction and risk of cesarean delivery: a systematic review and meta-analysis. CMAJ 2014;186:665-73 [Medline]
6. Bailit JL, et al. Nonmedically indicated induction vs expectant treatment in term nulliparous women. Am J Obstet Gynecol 2015;212:103.e1-7 [Medline]
7. Darney BG, et al. Elective induction of labor at term compared with expectant management: maternal and neonatal outcomes. Obstet Gynecol 2013;122:761-9 [Medline]
8. Saccone G, Berghella V. Induction of labor at full term in uncomplicated singleton gestations: a systematic review and metaanalysis of randomized controlled trials. Am J Obstet Gynecol 2015;213:629-36 [Medline]
9. Miller NR, et al. Elective induction of labor compared with expectant management of nulliparous women at 39 weeks of gestation: a randomized controlled trial. Obstet Gynecol 2015 Dec;126(6):1258-1264 [Medline]
10. Cheng YW, et al. Induction of labor compared to expectant managementin low-risk women and associated perinatal outcomes. Am J Obstet Gynecol 2012 [Medline]
11. Grobman WA, et al. Labor induction versus expectant management in low-risk nulliparous women. N Engl J Med 2018;379:513-23 [Testo integrale]
12. Sebire NJ, et al. Maternal obesity and pregnancy outcome: a study of 287213 pregnancies in London. International Journal of Obesity 2001;25:1175-82 [Medline]
13. Roberts CL, et al. Population-based trends in pregnancy hypertension and pre-eclampsia: an international comparative study. BMJ Open. 2011;2: e000101 [Testo integrale]
14. Greene MF. Choices in managing full-term pregnancy.  NEJM 2018;379:580-1 [Medline]
15. Jonsson M, et al. Elective induction of labor and the risk of cesarean section in low-risk parous women: a cohort study.Acta Obstet Gynecol Scand 2013;92:198-203 [Medline]
16. Roos N, et al. Maternal risk factors for postterm pregnancy and cesarean delivery following labor induction. Acta Obstet Gynecol Scand 2010;89:1003-10 [Medline]
17. Facchinetti F, et al. The ARRIVE trial will not "arrive" to Europe.J Matern Fetal Neonatal Med 2020:1-4 [Testo integrale]

 
 
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