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Ulcere genitali

Sifilide in gravidanza

L'infezione in gravidanza può comportare gravi danni fetali per la possibilità di trasmissione verticale. La sifilide primaria non trattata comporta un rischio di trasmissione fetale del 70-100%, con possibile morte endouterina fetale fino a 1/3 dei casi.

La prevenzione e la diagnosi di sifilide congenita dipendono dalla diagnosi di infezione nella donna in gravidanza e, quindi, dallo screening sierologico effettuato di routine.
Lo screening sierologico della sifilide, effettuato con un test specifico per il treponema, è raccomandato in tutte le donne alla prima visita e alla fine della gravidanza.
Nessun neonato dovrebbe lasciare l'ospedale senza che la valutazione sierologica della madre sia stata effettuata almeno una volta durante la gravidanza o, preferibilmente, al momento del parto.
Ogni donna gravida con reazione sierologica positiva per la sifilide dovrebbe essere considerata infetta a meno che non sia già stata trattata e si sia già dimostrato un declino dei titoli anticorpali.

Il farmaco d'elezione per il trattamento della sifilide è la penicillina G per via parenterale (in Italia disponibile come benzilpenicillina benzatinica) ed è anche l'unico farmaco con documentata efficacia nella terapia dell'infezione in gravidanza. La penicillina è efficace sia nel trattare l'infezione che nel prevenire la trasmissione materno-fetale). Il regime terapeutico dipenderà dallo stadio della malattia (Come trattare la sifilide?).
Alcuni specialisti raccomandano una seconda dose di antibiotico a distanza di una settimana in caso di sifilide primaria, secondaria e latente di recente insorgenza.

Le terapie con antibiotici alternativi, in caso di soggetti allergici alla penicillina, non sono supportate da dati sufficienti, i soggetti allergici dovrebbero perciò essere desensibilizzati e poi trattati. Tetracicline e doxiciclina non devono essere utilizzate in gravidanza, mentre l'eritromicina non va usata perché non affidabile per il trattamento del feto.

Le donne trattate nella seconda metà della gravidanza sono a maggior rischio di parto pretermine e/o sofferenza fetale in caso di reazione di Jarish-Herxheimer (reazione acuta febbrile accompagnata da altri sintomi generali, che può comparire entro 24 ore dall'inizio della terapia) o, raramente, di morte endouterina fetale. Per le gravi conseguenze legate alla trasmissione materno-fetale questa eventualità non deve ostacolare o ritardare la terapia.

Il follow up prevede un controllo del titolo anticorpale nel terzo trimestre e al momento del parto, ma molte donne partoriscono prima di una evidente risposta sierologica al trattamento.
L'ecografia è importante per identificare i segni ultrasonografici di infezione fetale (epatomegalia, ascite, idrope).

La diagnosi di sifilide congenita è complicata dal passaggio transplacentare di IgG al feto, e quindi dalla difficile interpretazione dei test sierologici sul neonato.
I test sierologici da effettuare sul bambino (e non con prelievo dal cordone ombelicale, per la possibilità di falsi positivi) sono di tipo quantitativo (RPR o VDRL), mentre i test specifici (TP-PA e FTA-ABS) non sono necessari. Incostante l'indicazione di effettuare il dosaggio delle IgM.
Sono indicati l'esame della placenta e dall'essudato nasale o da lesioni sospette mediante immunofluorescenza diretta o identificazione del Treponema pallidum con osservazione microscopica in campo oscuro.

La terapia neonatale va intrapresa in base a:

  • identificazione dell'infezione nella madre
  • trattamento effettuato sulla madre
  • presenza di segni clinici, radiografici, laboratoristici di sifilide nel bambino
  • confronto tra i titoli anticorpali materni e del neonato utilizzando lo stesso test e lo stesso laboratorio.

Data di pubblicazione: 11.12.2008

 
 
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