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Il travaglio di prova dopo taglio cesareo ha rischi significativamente maggiori del taglio cesareo elettivo?

 
 

Secondo uno studio pubblicato di recente su PlosMedicine il travaglio di prova sarebbe associato a maggiori rischi per la madre e il bambino, ma valutando criticamente le associazioni, i risultati appaiono diversi...

Che cosa dice lo studio? La ricerca (uno studio osservazionale) ha coinvolto 2.345 donne con un precedente cesareo reclutate in 14 unità di ostetricia  australiane. Le donne sono state assegnate a travaglio di prova (in base alla loro preferenza n =1225; per randomizzazione n =12) o a taglio cesareo elettivo (in base alla loro preferenza n =1098; per randomizzazione n =10). I criteri di inclusione ed esclusione erano coerenti con quelli raccomandati in linee guida per la pratica clinica di Regno Unito, USA e Canada. In questa coorte, solo 535 (43,2%) delle donne che avevano scelto il travaglio di prova ha avuto un parto vaginale: 334 donne di queste donne (27,0%) ha partorito con taglio cesareo elettivo e 368 con taglio cesareo di emergenza.

Quale esito primario è stato considerato un esito composto, rappresentato dalla somma delle morti feto-neonatali e della morbosità infantile grave. Anche l'esito secondario dello studio, riferito alla salute materna, è un esito composito rappresentato da morte materna o morbosità materna grave.
La frequenza dell'esito composto primario è risultato inferiore nel gruppo taglio cesareo programmato (10/1108; 0,9%) confrontato con il gruppo travaglio di prova (30/1237; 2,4%), rischio relativo, RR: 0,39 (intervallo di confidenza al 95%, IC 95%: 0,19, 0,80); numero necessario da trattare per evitare una morte fetale-neonatale o un danno neonatale grave, NNT: 66 (IC 95%: 40, 200).

Se tuttavia i singoli componenti dell'esito composito vengono analizzati separatamente, non si osserva alcuna differenza statisticamente significativa per nessuno degli esiti neonatali fra i due gruppi. Le due morti fetali registrate nel gruppo travaglio di prova sono avvenute a 39 settimane, sono state giudicate inspiegabili e non correlate alla modalità di parto. Fra gli esiti secondari, unicamente la frequenza di perdita ematica  >1500 ml e/o necessità di emotrasfusione è risultata nel gruppo taglio cesareo elettivo inferiore a quella registrata nel gruppo travaglio di prova (rispettivamente 9/1108, 0.8% e 29/1237, 2.3%; RR: 0.37; IC 95% 0.17, 0.80; NNT; 66; IC 95% 40, 187). Questo risultato contrasta con quello riportato in un altro studio osservazionale (Landon et al. N Engl J Med 2004;351:2581-9) e in una metanalisi di studi osservazionali (Guise JM et al. Evid Rep Technol Assess 2010;191:1-397), in cui al taglio cesareo elettivo è risultata associata una  perdita ematica superiore.

È importante che i lettori degli studi clinici controllati randomizzati (e, a maggior ragione, quelli degli studi osservazionali) comprendano sia le ragioni che le insidie della scelta di combinare insieme esiti clinici diversi. L'esame della relativa importanza, la frequenza  e la coerenza della dimensione dell'effetto tra i diversi elementi di un outcome composito sono passi importanti per l'interpretazione delle informazioni desunte dalle prove (Tomlinson et al.  JAMA 2010;303:267-8). Ed è anche importante considerare che, in uno studio progettato per rilevare una differenza nell'esito composito (il cui componente più frequente può essere quello meno grave) è importante valutare la frequenza con la quale sono stati registrati gli esiti clinicamente più rilevanti.
Nel nostro caso l'evento più temuto, la rottura d'utero, se in termini relativi è risultata il doppio nel gruppo travaglio di prova rispetto al gruppo taglio cesareo elettivo, in termini assoluti si è mostrato un evento comunque raro (circa 1 ogni 500 donne e circa 1 ogni 1000 donne, rispettivamente). Assumendo un tasso pari a 6% di morti perinatali conseguenti a rottura uterina (National Institutes of Health Consensus Development Conference Panel. Obstet Gynecol 2010;115:1279-95), la frazione di mortalità perinatale attribuibile a rottura d'utero in travaglio di prova sarebbe pari a 0.006%. Per quanto riguarda la morbosità, nessuna differenza è stata osservata nei due gruppi nella frequenza di convulsioni neonatali (1/1208 vs 1/1237), encefalopatia grado 3 (0/1208 vs 0/1237), gravi malattie polmonari (2/1208 vs 1/1237) o enterite necrotizzante (0/1208 vs 0/1237). Anche gli esiti che - in misura statisticamente non significativa - sono risultati più frequenti nel gruppo travaglio di prova, traumi alla nascita (3/1237, o,24%) e ricoveri in UTIN (7/1237, 0,56%), risultano di rara osservazione.

Lo studio conferma quindi che al travaglio di prova è associato un aumento relativo di esiti avversi, che sono comunque, in termini assoluti, rari e inferiori a quelli riportati in precedenza. In questo studio, infatti, il rischio di rottura sintomatica della pregressa cicatrice uterina (0,1% nel gruppo taglio cesareo elettivo e 0,2% nel gruppo travaglio di prova) è risultato inferiore a quelli riportati nel gruppo travaglio di prova in altri studi (0,7% - 3,9/1000). Gli autori associano questa ridotta morbosità alla stretta aderenza registrata fra i partecipanti allo studio alle indicazioni delle linee guida disponibili, mostrando come l'applicazione delle raccomandazioni possa migliorare gli esiti clinici.  Ancora secondo gli stessi autori, le differenze nella frequenza degli esiti feto-neonatali potrebbero essere in relazione alla maggiore, in misura statisticamente significativa, età gestazionale delle donne del gruppo travaglio (media 40.0±1.1) rispetto a quelle del gruppo taglio cesareo elettivo (media 38.8±0.7) al momento del parto, considerando che al crescere dell'età gestazionale è associato un aumento di mortalità perinatale e morbosità infantile.

In una revisione sistematica (Guise JM et al. Evid Rep Technol Assess 2010;191:1-397) la mortalità materna, benché rara in entrambi i gruppi, è risultata inferiore nei travagli di prova (3,8 per 100.000) rispetto ai tagli cesarei elettivi (13,4 per 100.000). I potenziali rischi del travaglio di prova devono essere considerati insieme agli esiti a distanza del taglio cesareo ripetuto. Una revisione sistematica di 21 studi (n =2.282.922 parti) ha mostrato che i tassi di isterectomia, emotrasfusioni, aderenze e danni chirurgici aumentano all'aumentare dei tagli cesarei. L'incidenza di placenta previa aumenta da 10/1000 parti con 1 taglio cesareo precedente a 28/1000 con ≥3 tagli cesarei (Marshall et al. Am J Obstet Gynecol 2011;205:262.e1-8). Per il neonato, al parto cesareo ripetuto sono risultati associati un rischio maggiore di asma, malattia respiratoria neonatale, diminuita età gestazionale alla nascita e diminuita probabilità di allattamento (O'Shea et al. Semin Perinatol 2010;34:281-92).
 

La valutazione del rapporto benefici/danni di travaglio di prova e taglio cesareo elettivo nelle gravidanze con precedente taglio cesareo è complessa. Per consentire alla donna una scelta informata, le informazioni date in gravidanza devono comprendere tutti gli esiti conosciuti e le stime sia relative che assolute della loro frequenza.


 
 
 
 
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