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Supporto sociosanitario

Le mutilazioni dei genitali femminili sono spesso una pratica accettata e prevista dalle consuetudini locali dei paesi coinvolti. Nell'incontro con le donne portatrici è dunque importante che gli operatori sociosanitari siano formati non solo al riconoscimento tecnico di esse, ma anche riguardo alle aree di diffusione delle pratiche di MGF/E e ai significati antropologici e culturali di esse nei contesti di origine, così come alla relazione e alla comunicazione con le donne portatrici che incontrano nei contesti di servizio.

 

Riconoscere i sintomi

Il riconoscimento delle complicanze collegate alle MGF/E è difficoltoso, perché molte donne che subiscono le mutilazioni dei genitali femminili da piccole possono non ricordarne gli effetti negativi, non collegarle a difficoltà attuali o del parto, oppure non avere la disponibilità ad informarne il servizio sanitario. D'altro lato, va considerata anche la difficoltà delle operatrici/operatori sanitari a riconoscere l'incidenza delle MGF/E, in particolare quando si tratti di escissioni, sia per una carenza di formazione tecnica sia per una resistenza psicologica ad affrontare il problema. In ogni caso è importante cercare di evitare il circuito della negazione della esistenza del problema, e sondare con cautela la possibilità di una connessione della morbilità presente con l'intervento di MGF/E nel passato.

 

Valutazione culturale del rischio

Al rischio sanitario si aggiunge un rischio più strettamente culturale. Nei contesti migratori questo è legato alle difficoltà linguistiche e alla presenza di tradizioni e abitudini diverse, che influiscono nella comunicazione del disagio e nella possibilità che questo possa essere compreso dai professionisti della salute. Una parte consistente dei professionisti italiani ha una conoscenza minima e una esperienza molto limitata di questo fenomeno, sia da un punto di vista culturale che sanitario.

 

Sospendere il giudizio

E' importante cercare di non avere pregiudizi in merito alle diversità culturali e fisiche di una donna. Se nelle nostre società le mutilazioni dei genitali femminili sono considerate una violazione dei diritti umani, nelle società in cui esse vengono praticate possono essere considerate, al contrario, come una regola sociale importante da rispettare. Per questo, il termine "mutilazione" e in generale un atteggiamento di condanna può essere percepito dalle donne portatrici come stigmatizzante, giudicante, in alcuni casi degradante. Quando si parla di mutilazioni dei genitali femminili, si possono utilizzare altri termini per non turbare la sensibilità delle donne, come taglio, chiusura, cucitura, circoncisione. Si può chiedere, con delicatezza, alla donna stessa con quale termine essa vi si riferisce. Questo potrebbe incoraggiare le donne a parlarne e le operatrici a porsi in un atteggiamento di ascolto e di conoscenza.

 

Proteggere le bambine

Alcune donne migranti portatrici di MGF/E non tornano nei paesi d'origine per proteggere le figlie dal rischio di essere sottoposte alla pratica. Altre, invece, sebbene abbiano lasciato i loro paesi d'origine, possono ancora essere favorevoli alla perpetuazione della pratica di MGF/E sulle proprie figlie. In questi casi il personale sanitario, consapevole dei problemi relativi alla protezione dell'infanzia e dei diritti delle bambine, deve provvedere a informare le madri dei rischi giudiziari ma soprattutto della opportunità di salvaguardare la salute delle bambine. Naturalmente è cruciale che tale comunicazione avvenga attraverso procedure sensibili e attraverso circuiti di presa in carico personalizzati. È importante tenere conto, inoltre che le madri potrebbero non essere in grado o non avere la libertà di prendere delle decisioni, e che potrebbe essere necessario consultare altri membri della famiglia.

 

Formarsi all'autoriflessione e alla comprensione delle alterità

In generale, è molto importante che gli operatori che per ragioni professionali entrino in contatto con donne portatrici di MGF siano adeguatamente formati e che tale formazione sia un processo continuo di aggiornamento non solo sul problema specifico (dati sui trends di diffusione/diminuzione, nuovi flussi migratori, aggiornamento sui materiali di studio e di ricerca, ecc.), quanto nel senso più ampio di una sensibilizzazione interculturale e dell'acquisizione di competenze di relazione con le alterità culturali.
Indichiamo di seguito sinteticamente tre principi fondamentali sui quali poggia la formazione degli operatori a una sensibilità antropologica riguardo al tema MGF/E.
Quando si incontra una donna con MGF/E è importante:

1. tenere conto delle differenze e delle variazioni:

  • differenze di tipologia di modificazione genitale;
  • variazioni intra-nazionali nei significati attribuiti alla pratica e alle sue funzioni in via di mutamento;
  • varietà dei percorsi migratori e delle caratteristiche socio-anagrafiche della persona;
  • differenze di ruolo del gruppo familiare e della comunità di riferimento.

2. tenere conto del mutamento:

  • considerare che le pratiche cosiddette "tradizionali" non sono sistemi statici e primitivi: anche quelle di MGF sono immerse in un flusso complesso di influenze attuali e di cambiamenti dinamici;
  • considerare che la pratica di MGF/E, per la violenza che implica, rinvia a un campo di forze conflittuali, le cui poste in gioco possono cambiare. E' importante esaminare le attuali poste in gioco cui le MGF/E rinviano (conflitto intergenerazionale, fra generi, ecc.)

3. tenere conto del confronto interculturale

  • considerare le pratiche di MGF/E non solo come problemi a sé stanti, oggettivi, sui quali esercitare il proprio legittimo giudizio e un'opera di prevenzione, ma anche come elementi agenti di un campo discorsivo e simbolico, sociale e culturale, in cui siamo tutti inclusi, che oggi dunque si pone prioritariamente come questione attinente il confronto interculturale.
 

Operativamente

  • Interrogare i propri impliciti culturali e apprendere dai "saperi locali" di cui le utenti sono portatrici;
  • percepire che l'introduzione di un certo intervento sanitario o educativo, cioè la modifica di un'abitudine, può provocare conflitti all'interno di una famiglia o di un gruppo;
  • integrare il ruolo dei familiari e del gruppo di riferimento nella gestione del corpo; riflettere sul proprio quadro concettuale di riferimento, per imparare a gestire i propri pregiudizi, le proprie proiezioni, fantasmi e aspettative e per addestrarsi alla flessibilità cognitiva e relazionale.


 
 
  1. SaperiDoc
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