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La condanna giuridica delle MGF si basa su diverse convenzioni internazionali che, sebbene non facciano esplicito riferimento al contrasto delle mutilazioni genitali femminili, ne costituiscono la base. Tra queste, le principali sono:
Sulla base di questi riferimenti giuridici, molti paesi si sono dotati di una legislazione che formula l'esplicito divieto dei qualsiasi forma di mutilazione genitale femminile, prevedendo diverse misure e sanzioni.
Più di recente, si è introdotta la possibilità di considerare le MGF come motivo di riconoscimento dello status di rifugiato. I documenti di riferimento sono stati elaborati dal UNHCR, l'Agenzia Europea per i Rifugiati, attraverso le Linee guida in materia di protezione internazionale n.9: Domande di riconoscimento dello status di rifugiato fondate sull'orientamento sessuale e/o l'identità di genere.
Sebbene la normativa negli ultimi anni si sia adeguata alla generale condanna delle MGF, esistono tuttavia anche casi emblematici più ambigui.
Per esempio, Amnesty International riferisce che nel 2010 in Indonesia il Ministro della Salute ha diffuso un regolamento che permette delle specifiche forme di circoncisione femminile quando eseguite da medici, infermieri e ostetriche. In questo caso la medicalizzazione delle MGF trova una regolamentazione normativa che serve da legittimazione delle pratiche stesse.
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In linea generale, è stato vivace il dibattito riguardo alla efficacia e/o i rischi di normare e punire pratiche culturalmente consolidate e socialmente regolate. Tale dibattito ha investito non soltanto la questione specifica delle leggi e dei divieti, ma anche temi più ampi connessi al multiculturalismo e al rapporto tra universalismo dei diritti e particolarismo delle culture.