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Promuovere l’allattamento
Il ruolo dei media
Negli anni ’70 e ’80 la promozione dell’allattamento attraverso i media allora disponibili (televisione, radio, carta stampata) era perseguita attivamente da governi e agenzie di salute, anche per contrastare il marketing aggressivo dei latti formulati. In seguito all’approvazione nel 1981 del Codice Internazionale per la commercializzazione dei sostituti del latte materno, finalizzato a regolamentare la pubblicità di questi prodotti, i governi e le agenzie non ritennero più necessario investire in campagne mediatiche di promozione dell’allattamento ipotizzando che nel volgere di breve tempo ogni forma di marketing del latte formulato sarebbe sparita. È quanto risulta da una ricerca condotta alla fine degli anni ’80, volta a valutare l’impatto delle campagne di promozione dell’allattamento tramite i mass media [1].
Che cosa si può imparare dalle campagne promozionali dell’allattamento degli anni ’70? Che per essere di successo le campagne di comunicazione devono avere:
- una strategia comunicativa basata su una analisi approfondita dei maggiori ostacoli locali all’allattamento;
- un piano di comunicazione ben disegnato con chiari messaggi orientati alla specifica popolazione target locale;
- un sistema di sostegno interpersonale che coinvolga i professionisti della salute e i counsellor;
- un piano per assicurare la sostenibilità a lungo termine dei programmi di promozione;
- una gestione amministrativa e finanziaria solida.
Campagne sporadiche e brevi non sono efficaci. Inoltre, alla campagna si deve affiancare continuamente formazione teorica e sul campo perché sono sempre nuove le donne da sostenere, sempre nuovi i professionisti da formare e i policy maker da sensibilizzare sul tema [1].
Risale agli inizi degli anni ’90 una riflessione sulla necessità di ricorrere in maniera più sistematica alla promozione dell’allattamento tramite campagne di massa. Queste, però, devono essere sostenute da una ricerca di social marketing per comprendere le motivazioni delle donne che non allattano e capire come presentare l’allattamento come l’opzione più attraente [2].
I media possono, ad esempio, essere usati per veicolare semplici e chiari messaggi a sostegno di politiche per l’allattamento, come la maternità pagata, gli ambienti di lavoro favorevoli all’allattamento. Inoltre, come già occorso per la contraccezione di emergenza e le gravidanze non desiderate, l’allattamento potrebbe essere inserito nelle sceneggiature di episodi tv, così da sensibilizzare il pubblico [3].
Nel 2010 una revisione del Lancet rilevò che valutazioni affidabili dell’impatto di campagne informative sull’allattamento erano carenti [4].
A partire dal 2009 si è avviata la valutazione dell’impatto delle campagne mediatiche di promozione dell’allattamento nell’ambito di Alive & Thrive (A&T), progetto multicomponente che opera in paesi dell’Africa e del Sud-est asiatico finalizzato a migliorare la salute tramite una adeguata nutrizione materna, l’allattamento e pratiche corrette di alimentazione complementare. Il progetto ha coinvolto in una prima fase Vietnam, Etiopia e Bangladesh [5].
In Vietnam nel 2009 il 20% delle donne allattava esclusivamente i bambini fino a 6 mesi di età, il più grande ostacolo essendo l’offerta di acqua: era comune dare al neonato acqua, dopo il latte materno, perché si riteneva fosse necessaria per combattere la sete e per sciacquare la bocca e prevenire la formazione di mughetto orale. La campagna A&T in Vietnam è durata dal 2011 al 2014. Nel 2011 si conduce la prima survey di base su 6.175 madri di lattanti fino a 6 mesi di età in 11 province per misurare l’esposizione delle madri a diverse fonti di informazioni a sostegno dell’allattamento. La survey viene ripetuta ogni 6 mesi fino a fine 2013 [5].
L’implementazione di una serie di attività di A&T (advocacy, comunicazione interpersonale, mobilizzazione della comunità, sostegno da gruppi di pari) si associa a un aumento del tasso di allattamento esclusivo a 6 mesi. L’aggiunta a questo set di interventi di una campagna di spot televisivi ha portato a un ulteriore incremento: l’allattamento esclusivo è arrivato a 58% nelle zone esposte alla campagna e agli altri interventi A&T e a 37% nelle zone in cui si è fatta solo la campagna tv. L’efficacia della campagna, quindi, è maggiore quando questa è inserita in un progetto multicomponente. Inoltre, la campagna di promozione dell’allattamento deve essere della stessa intensità delle campagne di marketing delle formule: le ditte di formula spendono circa 13 milioni di dollari l’anno per la pubblicità in Vietnam, la campagna A&T in tre anni è costata 5 milioni di dollari [5].
Questi risultati sono stati confermati in una valutazione complessiva di 5 successive survey fatte tramite intervista faccia a faccia a intervalli di 6 mesi [6], che hanno coinvolto 11.722 donne fra il 2011 e il 2014. Il 50% circa delle donne viveva in comunità esposte al progetto A&T intensivo (dove erano diffusi ambulatori allattamento a libero accesso ed erano previste attività per disseminare i messaggi della campagna anche tramite bus, video, poster e brochure nelle strutture sanitarie), l’altra metà invece viveva in zone esposte al progetto nella versione non intensiva. A livello individuale essere esposte agli spot televisivi si associava a maggiore tasso di allattamento esclusivo a 6 mesi rispetto al non essere esposte, più evidente nelle zone A&T intensivo (odds ratio – OR: 3.33; intervallo di confidenza al 95% – IC95%: 2.70, 4.12) che in quelle non intensivo (OR: 1.31; IC95%: 1.03, 1.67). A livello di comunità, nelle zone A&T intensivo ricordare un messaggio si associava a 17 punti percentuali in più di allattamento rispetto a non ricordare messaggi, mentre nelle zone non intensivo a 8 punti in più. Quindi la campagna mediatica ha maggiore efficacia all’interno di un programma multicomponenti di promozione dell’allattamento [6].
L’impatto positivo di campagne mediatiche è stato rilevato anche in contesti dove la gran parte dell’assistenza al percorso nascita è offerto tramite il sistema privato, come in Nigeria [7]. In questo caso il coinvolgimento della comunità avveniva tramite l’invio di sms ai partner e alle madri dei futuri genitori e il sostegno alle donne era offerto tramite gruppi whatsapp, con possibilità di interagire fra donne e con la professionista di salute a sostegno del gruppo, e infine tramite spot radiofonici.
In Pakistan lo stesso progetto di promozione tramite mass media (A&T) condotto nel 2013 e 2014, ma non ancorato a un intervento forte sulla comunità a sostegno dell’allattamento, non ha invece prodotto alcun miglioramento dei tassi di allattamento, pur associandosi a un aumento della proporzione di donne che ricorda un messaggio di promozione dell’allattamento veicolato tramite le TV (da 8.3% prima della campagna a 29.4% dopo) e un incremento della quota di donne che dichiara di aver ricevuto informazioni sull’allattamento da parte dei professionisti della salute, della famiglia e degli amici [8].
Una valutazione del 2017 dell’impatto di A&T in tutti i paesi in cui è stato implementato conclude che l’approccio multicomponente, in cui alla campagna mediatica si affianca la mobilitazione della comunità, è quello più efficace. Si ribadisce che le campagne devono essere disegnate sulla base delle caratteristiche locali [9].
Uno studio etnografico con 40 donne in UK (9 in età riproduttiva senza figli ma con progetto di averli e 31 donne con uno o più figli) ha utilizzato il metodo delle interviste telefoniche per indagare le opinioni delle donne rispetto all’allattamento e al ruolo dei media (inclusi i sociali media) nel promuovere l’allattamento o l’uso della formula [10]. I temi emersi sono la scarsa visibilità nei media (incluse le serie televisive) di donne che allattano: nei rari casi in cui è ritratto, l’allattamento è presentato come una pratica difficoltosa. Le donne ricordano invece molte pubblicità del latte formulato e la proposta di un modello di normalità, nelle soap opera, di donne che partoriscono e poi affidano i figli ad altri perché li nutrano con il biberon di formula. Nell’opinione di queste donne i media sono visti come una lama a doppio taglio: potrebbero sostenere l’allattamento, ma anche essere strumento per colpevolizzare le donne che non allattano. Il problema rilevato dalle donne intervistate è che, oltre all’enunciato di principio per cui allattare è meglio, non c’è un sistema di sostegno negli aspetti pratici che aiuti le donne ad affrontare e risolvere eventuali difficoltà: dopo il parto la donna è sola. La sensazione di queste donne è che le campagne mediatiche di promozione dell’allattamento siano solo finalizzate a ridurre le spese del sistema sanitario inglese. Anche questo studio sottolinea l’importanza di una coerenza fra i messaggi di promozione e il sistema dei servizi a sostegno delle donne che scelgono di allattare.
Una valutazione della Banca Mondiale stima che sia necessario triplicare gli investimenti nella protezione, promozione e sostegno dell’allattamento se si vogliono ottenere risultati in linea con gli obiettivi indicati da OMS e UNICEF [11]. La promozione tramite i media è uno degli interventi citati nel rapporto come utile. Per ogni dollaro investito in protezione, promozione e sostegno dell’allattamento il ritorno economico stimato è di 35 dollari, rendendo l’allattamento l’intervento più costo efficace per la salute della popolazione.
Bibliografia
1. Green CP. Media promotion of breastfeeding: a decade of experience. Breast is best. Nutrition Communication Project, a project of the United States Agency for International Development. Washington 1989 [Testo integrale]
2. Parlato MB. The use of mass media to promote breastfeeding. Int J Gynaecol Obstet 1990;31 Suppl 1:105-10 [Medline]
3. Brown JD, Peuchaud SR. Media and breastfeeding: friend or foe? Int Breastfeed J 2008;3:15 [Medline]
4. Wakefield MA, et al. Use of mass media campaigns to change health behaviour. Lancet 2010;376:1261-71 [Medline]
5. Alayón S, et al. Using behavioral theory to evaluate the impact of mass media on breastfeeding practices in Viet Nam: evaluation plan and baseline findings. Washington, DC: Alive & Thrive, 2013 [Testo integrale]
6. Nguyen TT, et al. The association of a large-scale television campaign with exclusive breastfeeding prevalence in Vietnam. Am J Public Health 2017;107:312-318 [Medline]
7. Flax VL, et al. Breastfeeding interpersonal communication, mobile phone support, and mass media messaging increase exclusive breastfeeding at 6 and 24 weeks among clients of private health facilities in Lagos, Nigeria. J Nutr 2022:nxab450 [Medline]
8. Kim YM, et al. Case study: effects of a media campaign on breastfeeding behaviors in Sindh province, Pakistan. World Health Popul 2015;16:39-45
9. Doucet K. Yale School of Public Health. Promotion of breastfeeding on a large scale with Alive & Thrive’s mass communication campaign. 2018 [Website] Ultimo accesso:16/05/2022
10. Srivastava K, et al. A qualitative exploration of the media’s influence of UK women’s views of breastfeeding. 2021;30:10-18 [Abstract]
11. Walters D, et al. An investment framework for meeting the global nutrition target for breastfeeding. Washington, DC: World Bank Group, 2017 [Testo integrale]