La nascita in Emilia-Romagna 2003
Le modalità del parto
Dal 1° Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP) [1] emerge che il 68.1% dei parti avviene per via vaginale, 1.1% per via vaginale operativa, 30.8% per taglio cesareo. Il ricorso al parto cesareo è meno frequente nelle donne con cittadinanza straniera (27.6%) rispetto a quelle con cittadinanza italiana (31.3%) e più frequente nelle donne con bassa scolarità (31.9%), rispetto a quelle con diploma di scuola media superiore (30.2%) e alle laureate (29.9%); una differenza verificata sia per il taglio cesareo fuori travaglio che per quello durante il travaglio.
Escludendo i parti cesarei d’elezione (cioè quelli pianificati), nei travagli di parto si registra un intervento farmacologico (induzione del parto o parto pilotato) in 30% dei casi.
Escludendo i parti cesarei e quelli indotti, la distribuzione oraria delle nascite non evidenzia un andamento particolare e la frequenza di parti nelle ore notturne indica una uniforme disponibilità assistenziale nell’arco delle 24 ore.
La classificazione dei parti cesarei
L’utilizzo dei dati delle Schede di dimissione ospedaliera (SDO) si è rivelato non idoneo a comprendere la natura del fenomeno ed a sintetizzare la complessa rete di fattori che portano alla decisione di effettuare un parto cesareo, in quanto la classificazione delle indicazioni all’intervento risulta scarsamente riproducibile tra i diversi professionisti.
E’ stata quindi effettuata un’analisi comparativa tra le diverse Aziende sanitarie adottando la classificazione proposta da Robson [2]. Questa classificazione, prendendo in esame la precedente storia ostetrica (parità), l’età gestazionale, la presentazione e le modalità del travaglio, propone 10 categorie mutuamente esclusive che quantificano 10 sottopopolazioni, entro ciascuna delle quali è possibile analizzare la frequenza di ricorso al parto cesareo [3]. La classificazione di Robson, rispetto all’utilizzo dei codici ICD-9 CM, presenta una serie di vantaggi in quanto, sulla base di dati anamnestici e clinici, consente:
- di rilevare se la variabilità fra centri diversi nel tasso totale di cesarei è ascrivibile ad una diversa composizione della popolazione che vi afferisce;
- di identificare le sottopopolazioni di donne gravide maggiormente rappresentate e il relativo tasso di tagli cesarei e, quindi, di identificare le classi nelle quali una riduzione del ricorso al taglio cesareo si tradurrebbe in una riduzione del tasso totale di interventi. La variabilità nel ricorso all’intervento, che non può essere attribuita oltre un certo valore a una diversa prevalenza di condizioni patologiche (nella stessa classe di Robson) fra centri diversi, indica che, in Emilia-Romagna, è verosimilmente possibile ridurre la frequenza dei tagli cesarei nelle classi;
- nullipare a termine (costituiscono omogeneamente il 30%, con tassi di taglio cesareo compresi fra 8.2% e 16.2%);
- tagli cesarei elettivi (insieme ai parti indotti, costituiscono tra 12% e 22%, con tassi di taglio cesareo compresi fra 35.9 e 75.5);
- pregressi tagli cesarei (costituiscono fra 3% e 10% della popolazione assistita, ma presentano tassi di cesarizzazione ovunque superiori all’80%).
Bibliografia
1. Regione Emilia-Romagna. La nascita in Emilia-Romagna – 1° Rapporto sui dati del Certificato di Assistenza al Parto (CedAP). Bologna: Regione Emilia-Romagna. Giunta Regionale. Direzione Generale Sanità e Politiche Sociali; 2004 [Testo integrale]
2. Robson MS. Can we reduce the caesarean section rate? Best Practice & Research Clinical Obstetrics & Gynaecology 2001;15:179-94 [Medline]
3. Maso G et al. La classificazione del taglio cesareo. In: Alberico S, Wiesenfeld U eds. Taglio cesareo. Dalle linee guida al caso clinico. Trieste: IRCCS Burlo Garofolo; 2004. pag 44-61